Accompagnano questo lavoro una poesia e un testo dell'amico Enrico Valenti (@valenti.enrico)
La modella è: Matilde (@can.tcheatkarma)
Da dove fuggi fragile ombra?
Quale deserto oscuro hai attraversato?
Stringendo parole troppo grandi
Lacrime di sale
Di quale mondo stiamo disegnando i contorni bruciati
Le mura disfatte come castelli di sabbia
Fumo come nebbia
Polvere come neve
Stringi una giovinezza nata morta
Nutri una fame che ha il colore della terra
Riposi nel rumore
Non hai un nome
Su un palcoscenico di paura
Reciti un monologo silenzioso
Grida di gente in fuga
Lo stupore ipnotico di una maschera triste
A chi chiedere aiuto
Adesso che la terra è in fiamme
Adesso che i cristalli dei palazzi ci hanno tagliato le vene
Ora che l' affanno percuote la terra
Fanno a gara le parole per traversare i deserti
Si spendono fiumi di sorrisi
Ma l'albero secca dalle radici
E ci guarda senza vedere la stanchezza degli sconfitti
Ancora una volta il Magini ci colpisce con la sua lirica immaginaria.
I suoi simboli, raffinati, si fanno capire tragicamente, circondati come siamo dagli incendi che mordono come una muta di cani arrabbiati la Madre terra.
Il Magini usa il linguaggio che gli è proprio, una "mise en scene" dove il dramma dei dimenticati si mostra su un palcoscenico devastato da che? Dalla guerra, dalla fame, dall'impoverimento delle risorse del cuore, quelle risorse che rimangono parole al vento ma che non sono in grado di togliere dall'apatia quell' umanità che recita come un mesto Pierrot nel boccascena mediatico, sempre più disatteso e messo in ombra dal susseguirsi di emergenze che diventano grigia abitudine.
Valerio conosce il dolore del mondo e ce lo presenta con discrezione, attraverso una figura fragile e i simboli del gioco, del cibo, del luogo affidati a un angelo senza ali che si muove smarrito sui fondali silenziosi di luoghi dove la vita ha ceduto il posto alla rovina.
È un personaggio corale, senza volto, mentre ci grida senza voce una parola.
È tardi, forse, per strappare la maschera, per spogliarsi dall'abitudine.
Nel regno dell' indifferenza si muovono fantasmi silenziosi e a noi, che non siamo più romantici, i fantasmi non tolgono il sonno.
Aspettiamo che il fuoco lambisca le nostre case.